Non important persons

È un bravo ragazzo, Gianfranco Aiello, sì, nonostante le apparenze, faccia e sguardo un po’ da Grande Gatsby, intendo. La prima volta che l’ho visto, eravamo a una cena in casa d’amici. Mi ha chiesto cosa facevo e gli ho raccontato qualcosa del mio lavoro. Cronista in un quotidiano. Settore? Strani clienti. Clochard, immigrati, anziani, ecco, la frontiera del sociale, i cosiddetti NIP, non important persons, come si dice tra intimi. Già mi figuravo lo sbadiglio, invece lui mi ha subito chiesto di raccontargli una storia. Come fanno i bambini, prima di dormire. Convinto che volesse essere cortese, gli ho detto la prima che mi veniva in mente, quella un po’ surreale di un tale che dormiva in macchina con moglie e figlio, di cui avevo scritto solo poche ore prima. Non ero arrivato all’epilogo che già Gianfranco aveva messo mano al portafogli, chiedendomi anche di portargli il bambino a controllare i denti. Tra bambini ci si intende, evidentemente, ma il gesto mi colpì. Capita di imbattersi in professionisti, gente che sta dall’altra parte della frontiera, insomma. Ma non tutti hanno, diciamo, la mano così svelta. Diventammo amici, ci vedemmo spesso a cena e ridemmo un sacco. Un giorno glielo dissi, faccio il clown, a tempo perso. “Che ne dici”, buttò lì, “si fa una giornata da me, in studio? Troviamo dei bambini che non se la passano bene, io li visito e li avvio a un programma di cure gratis, e tu e qualcuno dei tuoi amici pagliacci li intrattenete in sala d’aspetto”. Why not? Non passarono quindici giorni che avevamo organizzato la “giornata del sorriso”. Nel doppio senso dell’icona, denti sani e naso rosso da buffone. Un appuntamento che ogni novembre, se Dio vuole, ripeteremo. Stesso posto, stessa ora, stesso naso. Mal che vada, qualche ruga in più, ma sotto il trucco.